venerdì 6 aprile 2012

per non dimenticare

Tre anni fa mi svegliavo nel cuore della notte, erano le 3 e 32, con tutto che tremava e un rumore di sottofondo che faceva paura. Stringo il braccio di mio marito che si era svegliato anche lui di soprassalto e gli dico " è il terremoto!". Ci siamo alzati impauriti ed abbiamo atteso abbracciati che tutto quel tremore cessasse. Poi accendiamo la televisione per sapere dal televideo dove fosse l'epicentro. L'Aquila. E subito pensiamo, se qui si è sentito così forte chissà cosa è successo lì. Torniamo a dormire con un pensiero nero nel cuore. Il giorno dopo abbiamo saputo che mentre noi eravamo comunque al sicuro nella nostra casa 309 persone erano rimaste sotto le macerie delle loro case. I giorni seguenti ad ogni scossa il pensiero correva a quelle persone e a tutti i sopravvisuti che avevano perso figli, madri, mariti, amici, sorelle, fratelli, le loro case, la loro città. E oggi il pensiero torna lì, e il silenzio si fa rabbia perché tutte quelle vite sono vittime non del terremoto ma dell'incuria e della disonestà dell'uomo.


Vent'anni fa iniziava l'attacco a Sarajevo, l'inizio di una guerra nel cuore dell'europa che fece migliaia di morti. Una guerra inutile come sono tutte le guerre.
Due anni fa durante il nostro viaggio in Croazia ci siamo spinti all'interno in Bosnia-Erzegovina e siamo arrivati nella città di Mostar. Sognavo fin da piccola di andarci perché i miei genitori fecero quando ancora erano fidanzati un viaggio in quei luoghi  e sono cresciuta coi racconti mitici di quel viaggio anni '70 in tenda. Mia madre mi parlava sempre della bellezza del ponte di Mostar e durante la guerra ricordo ancora la sua tristezza quando il simbolo della città venne abbattuto dalle bombe. Così quell'estate convinsi mio marito a rinunciare a qualche giorno di mare per portarmi a vedere il ponte ricostruito. Ci accolse una città bellissima, una città dall'atmosfera magica, dove il suono delle campane si confondeva col richiamo dei muezzin ma dove, dietro al centro totalmente ricostruito e pieno di turisti, bastava girare l'angolo per trovare case diroccate coi muri trivellati di colpi. E a ogni angolo di strada un giardino trasformato in cimitero, con le lapidi che riportavano tutte la stessa data di morte: 1993. Mostar  restò sotto assedio per nove mesi, venne rasa al suolo e quasi per sfregio venne abbattuto il suo ponte vecchio, simbolo da sempre della città. Abbiamo visto nel museo del ponte il video impressionante dell'abbattimento: due, tre colpi e il ponte perde pezzi ma non cede, un'altro colpo e resta ancora incredibilmente in piedi poi un altro e quasi come volesse dire "va bene avente vinto voi stupidi uomini" il ponte lentamente cade.
Arrivare lì e vedere il ponte ricostruito, perfettamente identico all'originale, vedere quel pezzo di storia e di storia della mia infanzia è stata un'emozione unica.


Mostar 













4 commenti:

  1. Oh, il richiamo del muezzin, quanto mi manca :-( un abbraccio! E non focalizzarti sulle litigate, quelle sono inevitabili considerato il carico di stress di certi percorsi, l'importante è imparare a riderci su ;-)

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    1. La cosa bella a Mostar era sentire il muezzin e le campane suonare contemporaneamente, simbolo di unione fra due culture e religioni. tutto questo attraversando la città piena di cimiteri della guerra che li aveva visti invece nemici.
      Un abbraccio anche a te!

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  2. è tanto che desidero andare a Sarajevo.. Da quando uscì il film "Underground" di Kusturica.. eppoi l'anno scorso dopo aver letto "Venuto al mondo" quasi quasi stavo per andarci.
    Magari prima o poi ci riuscirò.

    Grazie per questo bel ricordo che fai del ponte di Mostar

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    1. anche a me è rimasto il desiderio di andare a Sarajevo, avevamo pensato di arrivarci da Mostar ma avevamo pochi giorni e i km erano troppi. Prima o poi ci andremo Alessia!

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